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Una femmina di Pterophyllum scalare con i suoi piccoli della varietà "Marble"

La riproduzione Naturale di Pterophyllum scalare: la meraviglia delle cure parentali

……..come in una fiaba senza tempo…….

Come è mia consuetudine non mi dilungherò in accademici discorsi da Wikipedia sulla provenienza e tassonomia dello Pterophyllum scalare, bensì sulla favola che ebbi al fortuna di vivere nel lontano 1995………..

Prima un po’ di biologia

Non posso però esimermi dal dare qualche indicazione al fine di creare la giusta casa per questo Re degli acquari che in America e internazionalmente viene romanticamente chiamato “Angel Fish”.

La vasca non dovrebbe essere inferiore ai 150/200 l e possibilmente sviluppata in lunghezza e altezza (in considerazione appunto della forma degli Scalari, la colonna d’acqua dovrebbe essere almeno 3/4 volte l’altezza da adulti dei vostri pesci che è mediamente intorno ai 15 cm).

Dovrebbe avere alcuni rifugi costituiti da legni magari disposti in verticale e fittamente piantumato sia da piante a crescita rapida (es. Limnophyla) sia a foglia larga: su tutti gli appartenenti al genere Echinodorus di maggiori dimensioni. Il motivo di questa scelta vegetale è semplice: le loro foglie sono predilette come culle per uova e avannotti.

Gli Echinodorus di grandi dimensioni non dovrebbero mai mancare in una vasca dedicata agli Scalari

Gli Scalari sebbene allevati da decenni in cattività e capaci di vivere bene con valori biochimici molto lontani da quelli di origine (bacino amazonico), prediligono in ogni caso pH lievemente acidi e durezza inferiore ai 10 GH.

Cambi regolari e alimentazione variata (che preveda anche verdura) consentiranno agli “Angeli” di crescere con colori accesi e pinne ben sviluppate, con le appendici filiformi ben evidenti sulle pinne dorsale, anale e caudale oltre alle ventrali già di per se’allungate. Qualora queste appendici non si formino, sono un inequivocabile segnale di condizioni ambientali non perfette.

In primo piano un esemplare maschio adulto Wild Form, praticamente uguale a quelli protagonisti di questa storia; si notino i prolungamenti della pinna anale. In basso un giovane Pterophyllum altum il cugino più nobile ricercato e caro.

La temperatura non dovrebbe mai scendere al disotto dei 25°C: potrebbero diventare facile preda di parassiti, Flagellati in particolare.

Sconsiglio di acquistare animali adulti.  A meno che si tratti di sostituire qualche soggetto perso nel corso del tempo.

MAI e poi MAI inserire solo 2 esemplari: nel 99% dei casi il più debole verrà sopraffatto, lasciando solo un esemplare in vasca che spesso proprio per questo motiva diventa molto aggressivo verso gli altri coinquilini.

E’ necessario prendere un gruppo di giovani (6/8 esemplari) da allevare e far crescere, all’interno del quale nell’arco di alcuni mesi si formerà una coppia che al momento della riproduzione sarà utile trasferire in una vasca di 60/80 l appositamente predisposta e arredata (a meno che la vasca in cui sono cresciuti sia sufficientemente grande e poco popolata).

Difficilmente, nonostante le cure dei riproduttori, in una acquario con altri pesci i piccoli possono avere scampo e ci troveremo nostro malgrado costretti a rinunciare allo spettacolo che Madre Natura ci offre quando una coppia di questi pesci porta a spasso la propria nuvola di “pulcini”; inoltre l’aggressività della coppia nel momento in cui i piccoli nuotano si accentua parecchio, ampliando il raggio d’azione e diventando potenzialmente pericolosa per gli altri ospiti e soprattutto per i conspecifici.

Questo è un altro buon motivo che deve guidarci all’acquisto di una vasca ampia e capiente per questa specie: solo così ci sarà la possibilità di bypassare il trasferimento in vasca singola della coppia (consideriamo empiricamente a questo scopo acquari con dimensioni doppie a quelle suggerite prima).

Ultima nota: i compagni di vasca ideali sono Corydoras e Caracidi come Hyphessobrycon bentosi o specie simile dal corpo compresso lateralmente che li fa essere meno appetibili ai nostri Scalari; evitare Hyphessobrycon serpae che tendono a mordicchiare le pinne nonché specie come i Paracheirodon o alcuni piccoli Hemigrammus dal corpo affusolato: potrebbero risvegliare istinti predatori, soprattutto in vasche con habitat in squilibrio.

Sconsiglio i Ciprinidi poiché molto veloci nel nuoto e soprattutto la specie Barbus tetrazona che a seconda della situazione si diletta ad inseguire e morsicare i prolungamenti delle pinne dei compagni di vasca.

No anche a Botia e Loricaridi: entrambi  possono fare scempio delle uova soprattutto di notte.

Un esempio di arredamento per Scalari: oltre 200 litri di vasca in cui ho allevato per un anno alcuni scalari recuperati da patologie: ci sono 2 Red Back Manacapuru, 1 Wild Form e 2 giovani Altum che verranno ben presto trasferiti.

Ma ora torniamo alla mia favola…………

C’era una volta…….. tanto tempo fa

Tutto è incominciato nell’agosto del 1995, quando mi sono recato con un amico in uno dei nostri negozi di fiducia. La mia intenzione era quella di curiosare per qualche novità interessante, ed in effetti ho subito notato degli scalari di diverse dimensioni a livrea selvatica; in mezzo al gruppo ne ho individuati altri due un po’ più grossi che difendevano un proprio angolino: una coppia.

Ho chiesto informazioni al negoziante e mi ha confermato che la settimana prima erano in una vasca con altri Ciclidi dove difendevano, peraltro senza molto successo vista l’abbondanza di coinquilini, i propri avannotti. E così senza indugiare ho acquistato i due esemplari nonché alcune Carnegielle.

Si tratta dei classici scalari di una volta con occhio rosso, bande verticali e con una corporatura robusta, in pratica la forma selvatica che comunque è sempre affascinante, anzi oserei dire la più affascinante.

Personalmente ritengo molto negativo che si selezionino esemplari esteticamente accattivanti ma che poi abbiano difficoltà nell’esprimere a noi ciò che, nei Ciclidi, è e rimane la loro caratteristica più spettacolare: le cure parentali.  A mio parere neanche una barriera corallina è in grado di dare le emozioni di una coppia di questi animali che cura, difende e protegge la propria nuvola di pesciolini.

E dopo questo sfogo ritorniamo agli Scalari “originali”.

I due pesci sono stati introdotti nel mio acquario di circa 120 l (per una coppia già formata poteva andare bene) ambientandosi a meraviglia, vero è che dopo tre giorni è avvenuta la prima deposizione le cui uova però non erano fecondate, probabilmente perché nel nuovo territorio i pesci non si sentivano a loro agio e non avevano avuto il tempo necessario per esplorarlo e saggiarne i dettagli: fatto è che in questo caso solo la femmina si interessava blandamente delle uova mentre il maschio mostrava un quasi totale disinteresse; il giorno seguente le uova erano quasi tutte distrutte, forse anche dagli attacchi di un Plecostomus di 15 cm. che approfittando della scarsa cura prestata dai genitori ha pensato bene di degustare la foglia di Echinodorus farcita di caviale sudamericano.

Non passano 15 giorni che avviene una nuova deposizione, su un’altra foglia di Echinodorus (pianta che dovrebbe essere sempre presente in una vasca di Scalari poiché viene prediletta come culla); questa volta le uova sembrano svilupparsi bene ed entrambi i genitori sorvegliano e curano amorevolmente quelle palline ambrate palpitanti di vita, scacciando tutti gli intrusi, e con un’azione sinergica di entrambi anche il Plecostomus (coinquilino sconsigliato)!!!

I ruoli comunque sembravano abbastanza suddivisi in questa fase dove la femmina sorvegliava di più le uova e invece il maschio pensava a non far avvicinare nessuno entro un raggio di una trentina di cm dalle uova.

 

Nascono, ma……

Dopo circa 70 ore a 27 C°, nascevano le prime larve: ora indistintamente entrambi gli adulti provvedevano a sbucciare le uova e a trasferire la propria prole su un’altra foglia.

E’ incredibile con quale delicatezza vengano accuditi i pesciolini appena nati che sono esserini buffissimi: palline palpitanti di circa un millimetro di diametro con una codina costantemente in movimento; aderiscono alle foglie su cui vengono adagiati tramite un filamento vischioso emesso da una ghiandola posta sulla testa.

Ora gli adulti accentuano notevolmente il loro istinto di difesa, aumentando il raggio di azione dei loro attacchi agli intrusi; a differenza di altri Ciclidi dove è molto marcata una distinzione di ruoli fra chi attacca gli estranei e chi invece bada la prole, in questa seconda fase nei miei scalari non vi era questa netta separazione dei ruoli.

Alcuni dei Ramirezi, meno veloci degli altri, per l’acuirsi del tasso di aggressività degli Scalari, presentavano i bordi della pinna caudale morsicati; ho preferito perciò trasferirli in un’altra vasca.

Dopo 4 giorni le palline vibranti si erano trasformate in pesciolini completi, forniti di occhi, pinne e coda, che attendevano solo il momento adatto per fare i loro primi guizzi nel mondo acquatico.

Il giorno successivo, tornato dal lavoro, ho potuto ammirare uno spettacolo straordinario: nell’angolo destro dell’acquario nuotava la coppia avvolta da una nuvola di un centinaio di avannotti di circa 4 mm di lunghezza; gli altri pesci erano tutti nel lato sinistro, al di la di un grosso Echinodorus.

Non vorrei ripetermi, ma uno spettacolo del genere non può avere paragoni: animali con un cervello così piccolo, guidati, forse, esclusivamente dall’istinto, sono capaci di guidare difendere e proteggere cosi amorevolmente la loro progenie da fare invidia ai mammiferi; vorrei citare qui un fatto curioso, a cui i Ciclidi non sono nuovi: durante una somministrazione di Chironomus vivi, tutti gli ospiti del mio acquario si sono gettati avidamente sui prelibati vermetti rossi compresi, anche se più circospetti, i genitori; fatto sta che nel trambusto alcuni piccoli si erano allontanati dal gruppo; prontamente mamma e papà Scalare sono andati a recuperare i vagabondi tranne un certo Pierino che vista la grande festa aveva intenzione di prendervi parte: come dessert!!!

Il maschio, adocchiato il fuggitivo, con un veloce guizzo lo ha recuperato nella sua grande bocca, ma nello stesso tempo era riuscito a catturare un gustoso vermetto: come fare per ingoiare il cibo senza danneggiare il figlio? Rimanendo immobile per un istante, quasi dovesse riflettere sulla soluzione del problema, si è precipitato nell’angolo più tranquillo sputando sia il piccolo che il verme dopodiché ha consumato con tranquillità il Chironomus tenendo sotto controllo l’avannotto che successivamente ha riportato nel branco.

Luce Lunare indispensabile

Di giorno il tempo per la famiglia di Scalari passava tranquillamente, con gli adulti intenti a difendere e ricomporre il gruppo dei piccoli, badando al recupero dei “disobbedienti” che tendevano ad allontanarsi; era lo spegnimento delle luci il vero problema che ho dovuto affrontare, poiché i piccoli venivano attratti dalla luce che proveniva esternamente dalla stanza: perdevano così l’orientamento e il contatto con i genitori: disperdendosi poi nella vasca erano così facile preda degli altri occupanti.

A queste stragi notturne ho posto rimedio ponendo a lato della luce  di ordinanza, una piccola lampada ricoperta di plastica bianca che emetteva una lieve luce diffusa, creando un effetto “tramonto”: si accendeva poco prima dello spegnimento delle luci e si spegneva poco dopo l’accensione; così facendo, i piccoli attratti dal fascio di luce, davano modo ai genitori di recuperarli per adagiarli su qualche foglia; lo stratagemma consentiva inoltre di non fare loro perdere il contatto con la prole, poichè la penombra durava tutta la notte. Il quasi buio ha poi un affetto tranquillante sui piccoli, agevolando l’adesione gli uni agli altri tramite la ghiandola posta sulla testa.

Infatti questa specie di Ciclidi non usa ne’ nascondigli ne’ buche a mo’ di culla; pertanto sia le uova che gli avannotti sono più vulnerabili rispetto a quelli di specie che usano buche o nascondigli.

Vi è però un altro vantaggio utilizzando l’effetto “alba” e “tramonto”: le brusche variazioni luminose possono spaventare e disorientare gli animali acquatici, che presi dal panico, tendono a sbattere contro i vetri o peggio a saltare fuori dall’acqua: con il graduale passaggio giorno-notte e viceversa possiamo evitare loro questi disagi.

Questa piccola luce lunare deve essere mantenuta ovviamente tutta notte per garantire ai riproduttori quel minimo di visibilità. Presumo quini che anche in natura facciano combaciare la nascita dei piccoli con le fasi lunari che consentano visibilità notturna.

Torniamo ora agli Scalari: purtroppo della nidiata non mi è rimasto nessun superstite, a causa di una mia negligenza; avevo pensato a tutto ma non al giusto nutrimento per i piccoli: i Naupli di Artemia Salina.

Così nel giro di quattro giorni dalla loro prima nuotata, decimati dagli altri pesci e malnutriti, ho visto soccombere uno ad uno tutti gli avannotti.

Ho atteso perciò un ulteriore covata, che è avvenuta su un tubo di gomma posto orizzontalmente nell’angolo sinistro dell’acquario. Sfortuna ha voluto che fosse il tubo che portava acqua alla falda freatica (filtro sottosabbia alla rovescia) e direttamente collegato con un raccordo a T alla pompa e al tubo in uscita dal filtro; quest’ultimo proprio in quel momento si era intasato, costringendomi ad entrare con le mani in vasca per staccarlo dal raccordo; con questo trambusto era inevitabile che venisse toccato e mosso anche il substrato su cui era avvenuta la deposizione.

Molte uova a causa degli spostamenti, avevano perso aderenza e sono volate via sotto la vigorosa ventilazione provocata dagli adulti.

Nonostante tutto gli Scalari continuavano le cure: dopo tre giorni sono sgusciati gli avannotti e dopo altri quattro un gruppo di una quarantina di piccoli veniva accudito dai genitori; questa volta avevo già predisposto la schiusa delle Artemie, cosa che mi ha permesso di ammirare la crescita dei piccoli in acquario di comunità per 8 giorni; effettuavo le somministrazioni di Artemie due volte al giorno fino a quando si intravedevano i pancini rosati (purtroppo non riuscivo a somministrare più pasti causa lavoro).

All’ottavo giorno ho contato una quindicina di piccoli, sempre sorvegliati da entrambi i genitori; sono stati decimati ovviamente dagli altri pesci, ma nei due giorni precedenti avevo notato che il maschio tendeva a trattenere e ad ingoiare i pesciolini più piccoli (cioè i più deboli) e che se aveva in bocca uno di essi nello stesso momento in cui inseguiva qualche intruso, non rilasciava più il prezioso fardello, quasi si dimenticasse della cosa: prova ne è che i recuperi effettuati in tranquillità andavano sempre a buon fine.

Probabilmente la non perfetta alimentazione spinge i genitori al cannibalismo: a livello di economia naturale è inutile spendere energie nella crescita della prole quando le scarse risorse ne mettono in dubbio la sopravvivenza: molto meglio recuperare energie mangiando la propria prole e aspettare tempi migliori per dare vita ad una nuova generazione che crescendo bene ha sicuramente maggiori chances di sopravvivenza. Lo so sembra crudele ma ha una sua logica.

A questo punto optai per dividerli onde evitare ulteriori perdite inserendoli in una vaschetta di 10 L circa, con medesimi parametri bio-chimici.

Ad una lunghezza di 0,7 centimetri gli Scalari sono delicatissimi e solo durante il trasferimento ne ho persi 4.

All’inizio, senza il punto di riferimento degli adulti, non riuscivano quasi a nuotare tanto erano disorientati nella nuova casa: stavano raggruppati senza muoversi ma purtroppo anche senza mangiare, nonostante le abbondanti somministrazioni di Naupli.

Il secondo giorno i più intrepidi davano segni di ripresa e timidamente afferravano le Artemie che passavano loro a tiro.

Una volta sviluppata la tipica forma triangolare, ho incominciato a svezzarli con mangime secco polverizzato, non tanto gradito così come le Bosmine surgelate; Chironomus ed Artemie surgelati ridotti in pezzettini sembravano invece di ottimo gradimento sia agli Scalari sia ai piccoli Aeneus ritrovati nel primo comparto del filtro e trasferiti nell’acquarietto di 12 litri adibito a “nursery”.

Il mio tempo e le mie cure però, dati gli impegni di lavoro, non sono stati sufficienti a garantire un sano ed equilibrato sviluppo di tutti, in quanto rientrando alle 18,30 potevo solo somministrare una razione di cibo; come Natura vuole i più deboli soccombono.

Ora 6 di quei 15 sono diventati in tutto e per tutto degli Scalari in miniatura di 1,2 centimetri di lunghezza.

Sicuramente qualcuno si chiederà il perché non ho trasferito prima i piccoli e perché non ho provato a salvarli tutti.

Per due validi motivi: il primo di ordine puramente tecnico e cioè la mancanza di vasche e di spazio; il secondo di ordine esclusivamente biologico: facendo riferimento alla tesi del Dr. Cannata, tanto maggiore è il tempo in cui i piccoli rimangono a contatto dei genitori, tanto è probabile, anche se non certo, che essi stessi divengano dei buoni genitori una volta raggiunta la maturità.

Il mio intento è quello di avere degli esemplari che a loro volta siano in grado di sorvegliare uova e piccoli.

Naturalmente la riproduzione artificiale degli Scalari è molto più comoda permettendo di allevare numerosi individui e di forgiare le forme e i colori più disparati per il piacere degli esseri umani; io ritengo invece che la vera bellezza sia quella data dalla Natura espressa nelle forme, nei colori e nei comportamenti degli esseri viventi scaturiti da milioni di anni di evoluzione e selezione naturale.

Con questo articolo spero di aver fatto capire la differenza fra chi è veramente acquariofilo e chi invece semplicemente è un collezionista di animali vivi.

Attenzione perché mica finisce qui………..

Questo è ciò che scrissi per il bollettino del GAEM di quei tempi.

Ma manca ancora l’epilogo della storia.

Tutti si chiederanno ora che fine abbiano fatto i 6 ragazzi superstiti?

Ora ve lo racconto 😊

La coppia di genitori venne regalata ad un appassionato socio del GAEM, e i 6 fanciulli crebbero nella stessa vasca dove nacquero.

Avevano dei colori particolari, sebbene i genitori avessero la colorazione classica: base wild ma con chiazze leopardo, colori che non avevo mai visto in commercio; probabilmente le selezioni a cui erano stati sottoposti i loro progenitori avevano creato questo pattern cromatico particolare. Purtroppo non ho nessuna testimonianza fotografica di quei pesci, se non il video dei genitori sul canale You Tube Zio Pesce Blog: https://www.youtube.com/watch?v=uyaxI7poH48&t=61s

A 6/8 mesi misuravano oramai  oltre 5/6 cm e raggiunsero la maturità sessuale formando 2 coppie che si divisero equamente la vasca. Gli altri 2 fui obbligato riportarli al negozio di fiducia che fu ben felice di recuperare e mettere in vendita 2 esemplari degni di nota.

Curavo le mie due coppie (che sconsiglio di tenere in un 120 l ma solo in vasche almeno doppie di litraggio) al meglio, mantenendo i valori di riferimento per il loro allevamento, cioè acqua tenera e acida (pH6,5 – kh2). Cibo abbondante e variato rappresentato da fiocchi, granulato, chironomus e artemia congelati, oltre a cambi parziali del 30%  2 volte al mese facevano crescere i miei ragazzi forti sani e con bellissimi prolungamenti filamentosi alle estremità delle caudale e delle ventrali (con alta carica azotata/batterica ciò è ostacolato).

Non ci volle molto infatti che entrambe le coppie deposero e curassero amorevolmente uova e piccoli. Nella vasca erano rimasti solo alcuni Corydoras e 2 o 3 Ephalzeorhynchus siamensis.

Non avevo calcolato però lo sviluppo smisurato dell’aggressività quando i piccoli cominciavano a nuotare: in 120 L avevo 2 coppie di scalari con i piccoli e vi assicuro che quando i maschi partivano in rotazione all’attacco e si prendevano, si sentiva il tonfo dello scontro e scaglie che volavano. Inutile dire che in tutto questo trambusto chi ci rimise furono entrambe le covate. Capito perchè 2 coppie in 120 l non ci possono stare?

Mio malgrado cedetti ad un amico appassionato una coppia e tenni quella con il maschio più grande e con più spot di leopardo.

Ora tutto è perfetto……… ed infatti……..

Dopo 15/20 giorni la coppia depose di nuovo, con la sola compagnia dei Corydoras e dei Siamensis come pesci target, indispensabili per lo scarico di aggressività dei riproduttori, affinché non venga rivolta verso loro stessi.

Memore delle passate esperienze, non lasciai nulla al caso: schiusa e rifornimento di naupli nei tempi e modi ottimali, doppio schiuditoio di artemia più bottiglia, luce lunare e pesci target: Corydoras, E. Siamensis; occorrono comunque pesci veloci o corazzati, ma innocui, perché quando partono in rotazione all’attacco gli Scalari se ti beccano mi sa che fanno male.

In questa occasione riuscivo a somministrare minimo 2/3 volte al giorno i naupli di artemia e così facendo i giovani scalari crescevano a vista d’occhio sotto lo sguardo vigile dei genitori, che non accennavano minimamente ad avere comportamenti aggressivi nei confronti dei piccoli.

Cure Parentali Notturne

Una delle cose che mi colpirono in particolare modo era come avvenivano le cure parentali di notte: allo spegnimento delle luci, i piccoli, foto sensibili, (non dimentichiamolo che sono attratti dalla luce) si radunavano sotto il piccolo fascio luminoso, dove i genitori non avevano difficoltà a recuperarli e adagiarli su qualche foglia nelle vicinanze che avevano battezzato come culla; appena nati i piccoli scalari hanno un dischetto adesivo sulla testa che li aiuta a rimanere uniti di notte o in fase di riposo; inoltre il buio ha un effetto sedativo e così i fratellini non avevano difficoltà a passare la notte appallottolati tutti insieme.

Col passare dei giorni e l’aumento delle capacità natatorie, il disco adesivo si assottiglia e sparisce completamente dopo un paio di settimane. Ciò obbliga i piccoli Scalari, che intanto hanno anche aumentato riflessi, capacità natatorie e cognitive, ad assumere come punto di riferimento i genitori trasformandosi da esserini “planctonici” in pesciolini in grado di seguire e interpretare i segnali dei genitori. Ora di notte sebbene attratti dal fascio luminoso e subito mantenuti in gruppo dalla coppia, non venivano più adagiati su una foglia e tenuti insieme dai dischi adesivi sul capo, bensì percependo le correnti prodotte dalle pettorali dei genitori, venivano guidati dagli adulti sotto una foglia di ninfea, stretti nell’abbraccio amorevole di papà e mamma: papà a destra, mamma a sinistra, sopra una foglia di ninfea a fare da copertina e in mezzo 100 Scalarini tranquilli e sicuri!!!!! 😊

Cure Parentali meraviglia della Natura

Tutto era perfetto e nonostante la presenza di altri pesci (indispensabile per gestire la notevole aggressività dei riproduttori che potrebbero scaricarla reciprocamente o addirittura sui piccoli), come detto non ebbi perdite: dopo un mese avevo oltre un centinaio di Scalarini in miniatura perfettamente formati che ancora seguivano papà e mamma in lungo e in largo.

Altra meraviglia regalatami questa coppia eccezionale di riproduttori fu proprio il fatto di protrarre le loro cure verso la prole anche forse oltre il tempo lecito in cui un Ciclide rimane a difesa dei propri piccoli: era passato oltre un mese e la famiglia Scalare andava d’amore e d’accordo, talmente d’accordo che papà e mamma decisero di deporre nuovamente su una bella foglia grande di Echinodorus: la foglia fu riempita di uova, ma………….. vennero divorate proprio dagli scalari nati il mese prima; sinceramente una cosa che non avevo mai visto e di cui prendevo atto per la prima volta.

Ma fu proprio quello il momento in cui forse si spezzò per sempre il legame che teneva uniti adulti e figli: i giovani iniziarono a cambiare atteggiamento e all’avvicinarsi di un adulto tendevano a scappare e a non seguire più i genitori; era giunto il momento di separare la famiglia, anche perché iniziavo a notare una certa punta degli adulti sui piccoli. Trasferii i piccoli in un’altra vasca dove crebbero senza problemi per poi essere smistati tra appassionati e negozi di Milano.

Quella fantastica coppia invece inspiegabilmente si dissolse: il maschio incalzava e attaccava con insistenza la compagna e quindi per evitare il peggio fui costretto a cederli con mio sommo dispiacere. Le dinamiche di coppia dei Ciclidi rimangono e rimarranno per me molto spesso misteri irrisolti.

Attenzione: se vogliamo gustare i piccoli e i genitori insieme, non inserire assolutamente Loricaridi (Ancistrus, Plecosotmus…..) che mangerebbero le uova, di notte in particolare, dato che essendo corazzati assorbirebbero bene le cariche dei riproduttori; Caracidi intraprendenti come un branco di Cardinali poiché si comporterebbero come uno squadrone di Pellerossa che circonda una Diligenza: uno ad uno farebbero fuori tutte le uova; stesso discorso per Ciprinidi vivaci come i Barbus e per i Botia: velocissimi nuotatori e razziatori di uova.

Nelle foto successive una coppia “Marble” con i propri piccoli. Tra le varietà domestiche sono quelli che preferisco.

ETOLOGIA E SESSUALITA’ NEGLI SCALARI

L’etologia degli scalari è abbastanza allineata a quella di tutti gli altri Ciclidi sudamericani: i giovani vivono in gruppo e gli adulti a coppie su un territorio o in gruppi radi qualora non si ratti di periodo riproduttivo. Come per altre specie anch’essi possono formare coppie stabili nel tempo sebbene molto spesso si dissolvano dopo alcune riproduzioni, sfatando la leggenda metropolitana che li vorrebbe monogami indissolubili. Non è così!

Generalmente per stimolare questi pesci alla riproduzione, oltre ad avere una copia formatasi spontaneamente fra un gruppo di esemplari (non è assolutamente indicato inserire un maschio e una femmina a caso), è consigliabile nelle settimane precedenti somministrare un’alimentazione ricca di proteine, fare frequenti cambi parziali abbassando durezza e pH (indicativamente pH 6,5 e 5 GH) e portare la temperatura intorno ai 27/28C. Se tutto fila liscio vedremo la coppia che inizia a ripulire il substrato: ancora qualche giorno e lo vedremo imperlato di uova, dapprima chiare e poi ambrate, con i riproduttori impegnati amorevolmente a ventilarle ed a eliminare quelle eventualmente imbiancate, segno della mancata fecondazione o della morte dell’embrione.

Ma possono succedere anche altre cose a questi pesci quado hanno “voglia”. Non è raro che in carenza di maschi si formino coppie omosessuali, formate da 2 femmine (non ho mai osservato maschi avere atteggiamenti omosessuali) in cui una delle 2 depone e l’altra fa le veci del maschio, alternando il comportamento maschio/femmina in base al grado di maturazione delle uova, scambiandosi quindi il ruolo maschile. Ovviamente non nascerà niente, ma è cmq sinonimo di benessere degli animali. Altri appassionati hanno potuto osservare un trio composto da 1 maschio e 2 femmine agire in contemporanea nel medesimo atto riproduttivo e prestare per lo meno nelle prime ore, cure alla covata.

Atro comportamento invece testosteronico, è rappresentato dal maschio dominante che occupa tutto il territorio della vasca, relegando agli angoli gli altri maschi senza consentire loro di ritagliare uno spazio proprio. Il dominante tenderà ad accoppiarsi contemporaneamente, con tutte le femmine disponibile. Personalmente ho osservato un maschio fare la spola tra due covate poste agli angoli opposti della vasca, con le “donne” che si accapigliavano appena si vedevano mentre lui si comportava da boss mantenendo uno stato neutrale. Ovviamente le uova in queste situazioni instabili e innaturali non sono arrivate alla schiusa. Questo comportamento non è nuovo nei Ciclidi che formano coppie “fisse” e spiega come l’evoluzione abbia poi portato alcune specie della famiglia, come gli Apistogramma, a vivere in Harem con un solo maschio dominante.

Come mia consuetudine non riporto molta bibliografia nei miei articoli, poichè sia a livello cartaceo che digitale vi è sovrabbondanza di informazioni, purtroppo troppo spesso fuorvianti e non corrette.

E’ invece mio intento descrivere in maniera esaustiva esperienze dirette, cercando di riportare la maggioranza di dettagli possibile e magari contribuire a migliorare la cultura relative alle specie che descrivo.

Ciao

Foto e Testo: © Maurizio Vendramini per Zio Pesce Blog – ogni riproduzione vietata

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Federico

    Specie che sicuramente avrò in futuro. Un esemplare solo in monospecifico soffre la solitudine?

    1. Maurizio Vendramini

      In generale non soffre la solitudine come viene intesa da noi esseri umani, ma gli Pterophyllum anche in natura vivono in piccoli gruppi, al di fuori del periodo riproduttivo in cui sono territoriali.
      Tendenzialmente un esemplare singolo sviluppa una aggressività superiore che viene scaricata su altri compagni di vasca con conseguenze spesso catastrofiche.
      Oltre a ciò destabilizza il carattere di questi animali.
      Gli Pterophyllum, come tutti i Ciclidi, DEVONO essere allevati in piccoli gruppi in vasche sufficientemente capienti, pena il verificarsi di comportamenti aggressivi

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