Al momento stai visualizzando IL PESCE COMBATTENTE…… facile facile!
Un bellissimo esemplare maschio di Pesce Combattente

IL PESCE COMBATTENTE…… facile facile!

Un po’ di biologia

Tutti noi conosciamo questo simpatico pesciolino originario del Sud Est asiatico dove vive nelle risaie o in altri tipi di acqua stagnante: mai corrente.

Da quelle parti, dove esistono i maestri di selezione per specie di acquario, sono state create le varietà che oggi ospitiamo nelle nostre vasche: colori iridescenti e pinne lunghissime dei maschi, uniti ad una robustezza fuori dal comune ne hanno fatto un ospite apprezzato e conosciutissimo. Forse però, a molti sfugge che in natura questi pesci, e qui mi riferisco ai soggetti di sesso maschile notoriamente molto più appariscenti, non hanno ne’ i colori, ne’ l’incomparabile bellezza delle lunghe pinne; assomigliano molto più alle femmine che tutti i giorni possiamo trovare nei negozi specializzati; mi direste come farebbe un povero maschio selvatico a fuggire gli innumerevoli predatori acquatici con quel po’ po’ di ventaglio che si ritrova?

Di seguito il bellissimo esemplare di Alessandro Milani che ringrazio per la gentile concessione

Un ambiente ottimale e compagni di vasca discreti: in secondo piano si intravvedono delle piccole Rasbora hengeli
Il bellissimo esemplare dell'amico Alessandro. Lo stesso soggetto della foto di copertina

 

A fianco delle varietà prettamente ornamentali, ne esistono delle altre allevate laggiù, che invece servono a scopi ben più meschini e illegali (almeno in Europa): le varietà da combattimento, con pinne cortissime e corporatura massiccia.

Ma torniamo a parlare dei nostri Betta Splendens (è questo il nome scientifico); la peculiarità di questi Labirintidi è l’estrema aggressività (che si riscontra già dalle prime settimane di vita) tra conspecifici, particolarmente accentuata tra gli esemplari di sesso maschile; è questa particolarità che ha spinto gli allevatori asiatici a selezionare varietà da combattimento incredibilmente feroci.

Ma se è vero che di due maschi in pochi litri ne rimarrà uno solo, è anche vero che se abbiamo circa 100 L a disposizione e foltissime piante, è possibile, sebbene non consigliabile, inserirne più di uno: il più debole avrà la possibilità di fuggire e nascondersi; ricordo che un amico in una vasca da 600 L ne aveva tre; appena inseriti, in effetti qualche scaramuccia c’è stata, ma non appena stabilite le gerarchie, l’ambiente è tornato tranquillo.

L’altra particolarità che contraddistingue tutti gli appartenenti alla famiglia, è il Labirinto, un organo che consente di utilizzare l’ossigeno atmosferico, quanto mai necessario a pesci che vivono in ambienti palustri, ricchi di vegetazione con acque calde e stagnanti, povere di ossigeno e il cui livello non è mai elevato. Anzi, esistono delle specie di Betta, che superano i periodi di magra idrica, se non di siccità vera e propria, nascosti tra il fogliame umido e respirando aria; prova ne è che anche i nostri amici, se saltano fuori dall’acqua, non muoiono per soffocamento, ma per disidratazione; mi è capitato di separare dei maschi inserendoli in vasetti: costoro, non abituati allo spazio limitato, cercavano la libertà saltando fuori, trovando però, invece del pavimento, un piattino con un velo di acqua, sufficiente per tenerli umidi e per permettermi, la mattina seguente di recuperarli vivi, vegeti e pimpanti più che mai.

Il Betta è, come detto, molto comune fra gli acquariofili già da diversi anni e la mia prima esperienza di riproduzione risale a qualche decina di anni orsono, la leggenda narra che fosse il periodo della Milano da bere 🙂

Volevo, prima di descriverne la riproduzione, sottolineare quali sono le principali esigenze di allevamento di questi animali, che anche se robustissimi, spesso vengono totalmente ignorate.

Innanzi tutto NON è un pesce di acqua fredda; sopporta tranquillamente temperature dai 15 ai 35°, ma attenzione, ho detto sopporta, non che ci deve vivere; l’ideale sarebbero temperature oscillanti dai 22 ai 30°C.

Lo stesso dicasi per la concentrazione di sostanze azotate: sebbene sopravviva in acque dove altri pesci non si sentirebbero a proprio agio, ciò non ci esime da un regolare cambio parziale e da un controllo sulle sostanze inquinanti: una concentrazione elevata di queste sostanze, tende a far regredire il meraviglioso sviluppo delle pinne dei maschi, inoltre ne riduce sensibilmente la longevità e la resistenza alle malattie.

Essendo un pesce carnivoro o meglio insettivoro, abbisogna di un cibo che comprenda oltre a quello base in granuli, del liofilizzato, eventualmente delle scaglie (meno indicate) ma soprattutto abbondante somministrazione di congelato e di tanto in tanto sostanze vegetali (broccoli e zucchine bolliti). Vorrei qui sottolineare che troppo spesso si associa l’idea di congelato ai soli chironomus: una dieta esclusiva a base di questa larva, appesantisce gli apparati digestivi di tutti i pesci, facendoli inoltre ingrassare; questa prelibatezza andrebbe somministrata per non più di un paio di volte la settimana, oppure per circa un paio di settimane prima della programmata riproduzione o nelle convalescenze. Artemia, Daphnia, Mysis non dovrebbero mancare sia congelati o meglio ancora vivi. E come dessert insetti vari che soprattutto in estate possono fare capolino nelle nostre abitazioni: mosche, zanzare, piccole farfalle e altre creature alla portata del suo apparato boccale.

Spesso capita che esemplari appena importati, disdegnino il mangime secco: sta allora alla nostra pazienza, magari con una pinzetta, indurlo ad assaggiare prima bocconi di congelato e successivamente di secco; solo così riusciremo a salvare i Betta inappetenti. In caso contrario, facilmente si lasciano morire di fame; pertanto un’attenta osservazione da parte dell’appassionato nelle prime settimane dopo l’acquisto è fondamentale.

L’ambiente ideale per il Betta e i Labirintidi in generale è ricchissimo di vegetazione, con acqua quasi stagnante e con pesci NON vivaci o veloci nel nuoto: in particolare  Ciprinidi o Caracidi (a dispetto del suo soprannome “Combattente”, il Betta é sovente perseguitato dagli altri ospiti ( devastanti i B. Tetrazona); in vasche con scarsa vegetazione disturbano il nuoto lento e quasi riflessivo del Betta;  essi inoltre divengono fonte di estrema competizione alimentare poiché il Betta è un predatore che punta per qualche secondo il cibo/preda, tempo questo sufficiente ai veloci Ciprinidi e Caracidi (Phenacogrammus, Hemigrammus, Petitella, Barbus, Brachidanio, Neon, ecc..) di soffiargli il boccone; alla lunga ciò si ripercuote sulla salute del Betta, che a causa delle carenze alimentari si indebolisce divenendo vulnerabile alle più svariate patologie.

In estrema sintesi quindi possiamo riassumere in 3 punti le caratteristiche principali per descrivere l’ambiente ideale in cui allevare il Pesce Combattente:

  1. Acqua stagnate o poco mossa: il flusso del filtro deve essere ridotto al minimo indispensabile.
  2. Abbondantissima vegetazione: il che significa “Jungla Amazzonica”!
  3. Coinquilini non veloci nel nuoto e che non producano competizione verso le risorse alimentari.
  4. Vasche poco ampie (anche una decina di litri sono sufficienti – in natura sono stati ritrovati esemplari nelle pozze formate dalle impronte degli elefanti!!!!!) e possibilmente sviluppate in lunghezza: l’altezza rende più difficoltoso l’approvvigionamento di ossigeno atmosferico.,

Di seguito un soggetto maschio utilizzato in una delle mie riproduzioni di circa 1 anno di età

Riprodurli è facile

Qui mi ricollego al discorso riproduttivo poiché in vasche adatte alla specie e con ricchissima vegetazione, non è improbabile che avvenga la riproduzione e che diversi avannotti sopravvivano nella vasca di comunità: a me è accaduto che tornando dalle vacanze, dopo un mese di assenza e di potatura vegetale (ovviamente avevo un timer che mi garantiva un fotoperiodo regolare di una decina di ore), tra l’intrico verde e nel filtro ho osservato la presenza di una dozzina di piccoli Betta lunghi quasi 1 cm; dimostrazione questa di una vasca perfettamente adatta alla vita di questi animaletti.

Se invece vogliamo effettuare una riproduzione razionale, è sufficiente una vaschetta di una decina di litri e non troppo alta, un piccolo strato di sabbia fine sul fondo (o anche senza fondo), 28/30°C e valori biochimici nella media (10 GH e intorno al 7 PH), anche se io ho usato pura acqua di rubinetto di Milano; sconsiglio la presenza del filtro (aspirerebbe i piccoli e creerebbe turbolenza) mentre è indispensabile una foltissima vegetazione (che tra l’altro apporta anche piccole creature, utile nutrimento per i nascituri), soprattutto galleggiante e dei nascondigli per la femmina.

Scelti i due sessi, possibilmente giovani (meno di 1 anno di vita) e in salute si dovrebbero tenere separati maschio e femmina per un paio di settimane, nutrendo entrambi con abbondanti razioni di chironomus.

Ora, a seconda degli autori, vi sono diversi sistemi per l’introduzione dei riproduttori in vasca di riproduzione. 

Personalmente, quando riproducevo i Betta negli anni ’80, usavo il seguente: non appena intravedevo in acquario le prime bollicine segno inequivocabile che il maschio stava preparando il nido, lo prelevavo e lo trasferivo nell’apposita vasca da 10 L preallestita; allorquando la grandezza e lo spessore della schiuma mi lasciavano supporre il termine della sua costruzione, inserivo la femmina, con l’ovodepositore (un puntino bianco nella zona anale) ben in evidenza che segnala la sua predisposizione all’accoppiamento. 

Oltre a questa caratteristica una femmina pronta a deporre presenta da 2 a 4 striature verticali, da non confondere assolutamente con quelle scure orizzontali segno di stress (le cosiddette Stress Bar).

Di lì ad un paio d’ore avveniva l’accoppiamento, che a mio modesto parere è una delle cose più delicate, sensibili, spettacolari e poetiche che il regno animale possa regalarci. Terminato l’accoppiamento, ho tolto la femmina, mentre il maschio era indaffaratissimo con le sue ovette e il nido.

Una curiosità che ai più non è nota, sebbene da me mai sperimentata, è che anche le femmine in mancanza dei maschi, ovviamente più forti, curano la prole: diversi allevatori ne sono stati testimoni, tra i quali G.P. Cannata, autore alla fine degli anni ‘90 anche di un libro sui Betta e Horst Linke: quest’ultimo afferma che il cannibalismo della femmina è dovuto ad un’aberrazione del comportamento naturale, dovuto agli anni di allevamento e selezione in cattività: un po’ come è successo alle cure parentali di molti Ciclidi allevati intensivamente.

Ma torniamo ora al nostro papà; 24/30 ore dopo la deposizione, sgusciano piccole larvette (4mm) che, grazie ad un filamento adesivo, rimangono incollate sotto la schiuma: se qualche scapestrato si azzarda a lasciare il nido, prontamente viene raccolto nella grande bocca del maschio e riposto con cura nella morbida culla.

Dopo altri 4 giorni gli avannotti iniziano a nuotare e a nutrirsi: anche qui ci sono differenze fra gli autori; molti affermano che si nutrono prima di infusori. Personalmente, essendo i piccoli Betta avidi predatori e leggermente più grandi dei coetanei di altri Anabantidi o Belontidi (cioè Labirintidi), ho subito provveduto a nutrirli con naupli di Artemia appena schiusi: ragazzi che bocconi!!!!

Del tutto inutili ai fini alimentari di questa specie i mangimi polverizzati o liquidi; al limite danno una mano alla creazione di infusori e microrganismi; in ogni caso usateli con cautela perché altamente inquinanti e non dimenticate che i Pesci Combattenti neonati attaccano solo piccole creature in movimento.

Se correttamente alimentati e allevati in acqua pulita (niente filtro, ma cambi quotidiani di 1/10) dopo un mese sono lunghi 1 cm e iniziano a sviluppare il labirinto. Adesso possiamo anche provare a nutrirli con surgelati finemente tagliuzzati e tentare con il secco, senza dimenticare che i naupli sono ancora la dieta predominante. Utili sono anche piccoli anellidi: gli Enchitrei.

Qualora durane la crescita vi sia la presenza di soggetti con maggiore sviluppo, conviene dividere gli esemplari più grandi, che finirebbero per divorare i fratelli minori, inserendoli in acquari di maggiori dimensioni, dove potranno svilupparsi meglio e sfogare la loro aggressività senza però arrecare danno ad altri conspecifici più piccoli. Ad essere sinceri fenomeni di particolare aggressività fino ad una certa dimensione non li ho mai riscontrati. Anzi ricordo che nella vasca da 120 l i maschi rimanevano relativamente quiescenti e anche lo sviluppo delle pinne non era particolarmente pronunciato. Una volta divisi invece hanno cominciato a sviluppare marcatamente il dimorfismo sessuale, con un allungamento notevole delle pinne e accentuando la colorazione. Evidentemente la presenza di altri soggetti inibiva lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari. La Natura ha pensato bene che in spazi troppo stretti forse era meglio tenere il testosterone a bada per evitare stragi fratricide! Questo fattore però è una carta che possiamo giocare a nostro favore per gestire nidiate numerose che ci permette di far crescere senza troppi problemi molti soggetti in spazi relativamente poco ampi: una volta raggiunte le dimensioni che ci interessano per lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, come pinne e colorazione, è sufficiente separare i maschi; caratteri che resterebbero inibiti in caso di presenza di altri maschi confratelli nella medesima vasca.

Un giovane maschio di 4 mesi. Un paio di mesi ancora e le pinne raddoppieranno come ampiezza. Acqua pulita e abbondante alimentazione sono indispensabili per un corretto sviluppo.

Le femmine invece sono più gestibili e oltre ad avere dimensioni inferiori, l’ampiezza delle pinne rimane sempre limitata come negli esemplari selvatici; a meno che……. ci sia assenza di un maschio dominante.

In questo caso la femmina dominante potrebbe presentare pinne più lunghe, arrivando a volte ad essere confusa con giovani maschi che non abbiano ancora terminato di sviluppare i caratteri sessuali secondari; cosa che trae facilmente in inganno un occhio non allenato.

Di seguito le femmine di Martina Sodano che ringrazio per la gentile concessione.

Betta splendens femmina
Betta Splendens femmina: presenta le stress bar orizzontali. Forse spaventata per la vicinanza del cellulare durante la foto.
Betta splendens femmina con colorazione molto appariscente

Purtroppo non ho molte testimonianze personali fotografiche delle esperienze riproduttive del pesce combattente: le foto qui riprodotte riguardano solo un maschio che ho utilizzato per la riproduzione e un giovane Betta maschio intorno ai 4 mesi di vita: nei seguenti 2 mesi il suo pinnaggio è praticamente raddoppiato.

Gli altri soggetti, compreso quello in copertina invece rappresentano le selezioni più recenti.

Di seguito una bella carrellata di soggetti maschili

I maschi con pinne sfrangiate appartengono alla varietà "Crowntail". Qui un raro esemplare bianco

Il Betta splendens è davvero una specie estremamente adattabile e robusta ma poco longeva: hanno una aspettativa media al massimo di 2 anni. Spesso anche meno. Ma se vogliamo allungargli la vita occorre tenere ben presente alcuni punti principali che possono essere riassunti come segue:

  1. Ama acqua ferma, fittamente piantumata ma pulita e con valori di ph intorno a 7, meglio se leggermente inferiore e durezza non superiore a 10/15 GH.
  2. Compagni di vasca troppo veloci e vivaci lo stresseranno inevitabilmente e ne ridurranno le aspettative di vita, nonchè la crescita delle pinne.
  3. Per quanto robusto non si dovrebbe mai scendere al di sotto dei 22°C in inverno; utile invece avere lo sbalzo stagionale senza tenerlo costantemente al di sopra dei 25°C.
  4. Cibo variato e cambi d’acqua regolari contribuiscono ad evitare l’insorgenza di eventuali patologie.
  5. Inutile inserire maschi e femmine in vasche poco capienti: altissime le probabilità che uno dei due soccomba. Le femmine andrebbero tenute separate e abbinate ai maschi solo quando il nido è pronto e la femmina in piena ovulazione e presenta evidente l’ovodepositore (puntino bianco in zona anale). E non date retta a quelli che dicono:”…….e ma a mio cuggino tiene maschio e femmina in una boccia e non succede niente”…… al cuggino gli è andata di kulo!
  6. Scegliete sempre esemplari i più giovani possibile: quelli più grandi e con le pinne più sviluppate sono mediamente i più vecchi e quindi dureranno meno nelle vostre vasche

Come avrete potuto notare è un pesce di gestione abbastanza facile.

Non mi resta quindi che augurare in bocca al lupo a chi si accinge ad allevare queste spettacolari creature sospese tra due mondi: aria e acqua!!!

Foto e Testo: © Maurizio Vendramini per Zio Pesce.blog – ogni riproduzione vietata

Photo credit due to © Martina Sodano per Zio Pesce.blog – ogni riproduzione vietata

Photo credit due to © Alessandro Milani per Zio Pesce.blog – ogni riproduzione vietata

Questo articolo ha 13 commenti

  1. Mauro scalamera

    Bellissimo! Complimenti!!!!!
    Fatto molto bene!!!!

  2. Mauro

    Chi è che costruisce il nido? Nell’articolo si dice che una volta creato il nido inserisci prima il maschio e poi la femmina. Quindi si è creato da solo? 😀

    1. Maurizio Vendramini

      Grazie mille Mauro per la tua segnalazione. In effetti non appare chiaro. Rimedio immediatamente. Grazie ancora per la tua precisa e utilissima segnalazione. A volte scrivendo si danno per scontate cose che invece non lo sono affatto.

    2. Federico

      Non mi è chiara la parte dell alimentazione. È un pesce carnivoro e necessita abbondante somministrazione di surgelati e di sostanze vegetali (zucchine bollite)? Se è un pesce carnivoro dubito che sia il caso di somministrare regolarmente anche cibi vegetali… Comunque io ho trovato il modo di tenere tanti esemplari insieme (pure parecchi maschi e femmine) nella stessa vasca: dividerli tutti in sale parto, soprattutto a rete, per un maggiore volume d acqua. Così non si farà male nessuno e allo stesso tempo tutti si vedranno andando costantemente in parata (che nidoni di bolle che mi hanno fatto in ogni box) e non devi dedicare una vasca per ogni esemplare. Non ho notato niente di controproducente tenendoli costantemente a vista ma divisi nella stessa vasca. Inoltre così non dobbiamo stimolarli visivamente noi per evitare apatie tipiche della specie

      1. Maurizio Vendramini

        La tua riflessione è corretta, probabilmente mi sono espresso male nello scritto in cui intendevo la base deve essere carnivora. Provvedo a ridisegnare la descrizione in modo che sia più chiara. Grazie per la segnalazione e complimenti per i tuoi Betta. Tieni presente però che gli allevatori dicono che costantemente a vista sui consimili genera stress, che nel lungo periodo può essere negativo

  3. GIOVANNI

    CIAO MAURIZIO HO VISTO UN VIDEO CON OSSA DI SEPPIA VANNO BENE QUELLE DA UCELLI DA FRANTUMARE E DARE PER IL CALCIO GRAZIE

  4. Elena

    Salve vorremmo acquistare un combattente, ho acquario di 60 lt con piante e nascondigli attualmente privo di pesci ma in negozio mi hanno detto che è troppo grande… mi può dare gentilmente consigli grazie

  5. Federico

    Avrei una domanda, è vero che nella fase di accrescimento degli avannotti il movimento assente dell acqua porta a non sviluppare il nuoto e le pinne e di conseguenza si possono avere betta senza qualche pinna o comunque malformato in questo modo?

Lascia un commento

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cerca nel sito web Scrivi e premi invio per cercare